QUANTO E’ DISTANTE IL CERVELLO DALL’INTESTINO?

di Natalia Cannelli

Negli ultimi dieci anni, numerosi studi scientifici, condotti inizialmente su modelli animali, e in seguito sull’uomo, hanno messo in luce come il mantenimento di una corretta e bilanciata flora intestinale sia di fondamentale importanza per la futura salute dell’ospite, in questo caso l’uomo.

La cosa più sorprendente è che la flora intestinale, meglio detta microbiota, non influisce soltanto sulla salute dei distretti a lei limitrofi, cioè intestino e stomaco, preservandoci da fastidi e patologie più o meno gravi, ma agisce anche a notevole distanza garantendoci anche equilibrio e lucidità mentale!

E’ ormai noto che le malattie mentali pongono le loro basi su una suscettibilità genetica ereditaria, ma è sempre più ovvio che tale suscettibilità non è sufficiente allo sviluppo della patologia. Difatti i disordini neuropsichiatrici sono ormai considerati come patologie multifattoriali, nelle quali vari fattori ambientali intervengono in soggetti geneticamente suscettibili, scatenando il manifestarsi della patologia.

Ciò che sta emergendo in modo sempre più evidente è che tra questi fattori ambientali il microbiota intestinale ha un ruolo di primo piano. La composizione del microbiota, che viene a formarsi già nelle prime fasi di vita dell’individuo, agisce in modo diretto, tramite il cosiddetto asse “gut-microbiota-brain”, nel modulare l’espressione e quindi il corretto funzionamento di numerosi geni che sono coinvolti nello sviluppo neuronale e nella plasticità sinaptica. Pertanto, una scorretta comunicazione a livello di questo asse, dovuta ad uno squilibrio nella composizione del microbiota può essere la causa dell’insorgenza di malattie neurospichiatriche come la depressione maggiore, l’autismo, la schizofrenia e il morbo di Parkinson. E’ stato anche osservato che questo processo di squilibrio diventa più comune nella fase della vecchiaia dell’uomo, dovuto ad un graduale e naturale declino della complessità del microbiota, facendo aumentare, ancora di più, il rischio di insorgenza di malattie mentali.

Quale è il principale effetto ambientale ad agire negativamente sul microbiota?

Una dieta ricca di grassi saturi e zuccheri aggiunti, tipica dei Paesi Occidentali, può avere un effetto molto nocivo sulle funzioni cognitive, e in particolare sui processi mnemonici a carico dell’ippocampo.

Una delle conseguenze della disbiosi causata da questo tipo di alimentazione è la ridotta produzione di acidi grassi a catena corta: si tratta di molecole, sintetizzate dai batteri intestinali, che hanno un effetto neuroprotettivo e un’azione antinfiammatoria a livello sia enterico che cerebrale.

La  dieta occidentale, alterando il microbiota intestinale, provoca quindi l’aumento di marker neuroinfiammatori che risultano associati a deficit cognitivi.

Questo tipo di alimentazione ,non solo favorisce l’espansione dei ceppi batterici che producono endotossine, ma riduce anche la concentrazione dei microrganismi con azione antinfiammatoria.

Il mangiare non è solo questione di gusto e di modulazione del peso corporeo ma deve diventare una scelta consapevole di salute. Se il nostro intestino soffre è il caso di non sottovalutare il problema perché quel fastidio, quel dolore, sta provocando un’infiammazione generale che arriva diritta al nostro cervello!

Ovviamente non tutti si ammaleranno di qualche grave malattia mentale, ma è frequente sentirsi inspiegabilmente tristi, apatici e in preda a sbalzi di umore!